Federica lavorava lì al cambio valute. Andavamo spesso a trovarla nei pomeriggi invernali. Stava dietro un bancone immenso e si vedeva a malapena. Poi arrivò l’euro e a Bruno venne l’idea del bar. Rimase per un po’ un piccolo cambio valute affacciato verso il marciapiede. Io avevo esperienza, portavo un po’ di gente ed ero utile per le chiusure notturne, quando non voleva che rimanessero le figlie. “Il Martini però” mi disse “me lo preparerò da solo.” A quei tempi gestivo un circolo Arci che d’estate chiudeva quindi dissi sì.
Il lavoro era l’esatto contrario del Thermos, il circolo che gestivo: a) la massima affluenza era al mattino; b) erano quasi tutti in divisa…
Al mattino pensava Marco e io spesso lo aiutavo. Francesca che aveva già una storia da barista e Federica aiutavano qua e là. Poi la sera ero solo. E la sera affioravano dal buio i disperati, come da una nebbia fitta. Venivano dalla pancia delle navi o da sotto i camion. Davo loro i sandwich avanzati. Era una pena immensa.
Emidio Clementi era particolarmente innamorato di quel bar. In effetti a pensarci ora era un posto da brano dei Massimo Volume. Ancora oggi mi ripete: “ricordo quando stavi in quel fantastico bar di confine.” Allora poi era solo un bar, niente a che vedere con quello che divenne dopo, in cui non ho avuto alcuna parte.
Mentre servivamo caffè o ceres passavano i cingolati per via delle guerre nei Balcani. Si raccontava di un’ambulanza fermata alla dogana che sotto la carrozzeria nascondeva un mini-carro armato. Non ho mai saputo se fosse vero. In pratica, c’erano la guerra in est Europa e i disperati nascosti tra i camion. Non è cambiato molto, era solo tutto un po’ più “artigianale.”
Dall’estate seguente mi occupai di altre cose. Il bar si trasformò e divenne un locale vero e proprio. Lì fuori ebbi per la prima volta il coraggio di parlare con Monica, che però ai tempi ero convinto si chiamasse Barbara. Forse lo ebbi perché sentivo di giocare in casa.
I locali aprono e chiudono e spesso sono più belli quando non ci sono, perché farli funzionare è difficilissimo e quando non ci sono ti accorgi che servivano. Comunque alla fine è sempre la solita storia che un filosofo francese, Vladimir Jankelevitch, riassume magnificamente: “Il presente non ha fascino: il presente non ha bisogno che si torni da lui.”
Grazie Paolo del thermos!