La classe operaia va in paradiso: abbiamo scelto questo film, ieri sera. Ha un impatto, oggi, ancora più tremendo.
Anzitutto, al confronto i film di Ken Loach sono commediole e la SignorinaEffe, il film sulla fiat con Filippo Timi, pare una soap da quattro soldi, nonostante Timi ce la metta tutta a sembrare Volontè.
Poi, c’è la questione del cottimo e ti accorgi che se non ci sono più certi tipi di fabbriche (qui) il cottimo è tutt’altro che scomparso. La logica della super-produzione ha anzi stravinto, solo che la produzione “maleducata”, quella che monca le dita, è relegata per lo più nei lontani paesi asiatici e a noi ne resta la versione più subdola, edulcorata, che ti succhia ogni giorno un pezzo di cervello. Diventiamo matti lo stesso, ma meno furiosi e quindi socialmente più accettabili. Ci teniamo le cose tra i denti, non ci facciamo rossi in viso e non urliamo sempre, sempre, sempre. O magari sì, ma su facebook, scrivendo in stampatello.
Quel lavoro della fabbrica dove “entri quando è ancora notte ed esci che è già notte”, dove la media della produzione necessaria è il rendimento dell’operaio più veloce, dove ci si scanna tra lavoratori favorendo la logica del cottimo, del pagamento in base ai pezzi fatti, che alla fine ti vengon via le dita… beh, è il lavoro di oggi. Oggi che gira sul web l’idiozia secondo cui “se ti piace il tuo lavoro non lavorerai mai un giorno della tua vita”, che siamo connessi 24 ore su 24, che deleghiamo spesso la fatica fisica a paesi lontani, ai coreani massacrati nei cantieri, ai cinesi contaminati dai nostri resti di computer, oppure qui, nelle fabbriche rimaste, a giovanotti senza alcuna esperienza o preparazione che cadono come frutti dai pontili dei cantieri.
Corriamo per non perdere un lavoro come allora si infilavano dita nei meccanismi in movimento per non perdere secondi. Siamo più educati, meno “materiali”. Anzi, il corpo che nel film si eleva alla massima potenza tanto nell’azione quanto nel controllo, ed è paragonato sempre a una macchina, una fabbrica, un meccanismo, oggi vola via, etereo, frazionato nei bit, selezionato per il web, senza odore, senza suoni. Il corpo, questa cosaccia, non c’è quasi più.
Ma siamo sempre noi, l’operaio Lulù, che di notte si sogna il lavoro, che ricorre a stratagemmi per esser più veloce, che ha ragione e torto su ogni cosa, come tutti gli altri personaggi di questo bellissimo film che invito a rivedere, che non riesce ad avere una vita con la sua famiglia, che viene tirato di qua e di là e sa, nel proprio cuore, che ormai il suo posto è al manicomio. Guardatelo e non fatevi scoraggiare dalla data: ha un ritmo tale che al confronto i film odierni della Marvel sembrano girati “al rallentì”.