Nella storia, si contano sulle dita di una mano le persone che sono state in grado di convivere con il potere, che non conosce spesso portatori sani. Più frequente è incontrare esercizi di potere a volte grezzi a volte raffinati, ma sempre squilibrati. D’altronde, i grandi uomini del passato le cui biografie ancora oggi vanno a ruba sono famosi per le conquiste, le ambizioni sfrenate, le guerre e le condanne. Difficilmente per l’assennatezza.
La democrazia esiste per questo, essa è uno strumento di controllo del potere. Il migliore che l’uomo sia stato in grado di inventare. E’ una sorta di forza inibitrice messa lì per vigilare sul desiderio di potere. Organizzata in maniera diversa a seconda delle latitudini e dei popoli, è comunque chiamata a svolgere sempre il medesimo compito di sentinella. Non è una fede, né un’ideologia. Funziona se controllata, monitorata, oliata, smontata e rimontata come una qualsiasi parte meccanica d’ingranaggio. Non funziona se lasciata lì ad arrugginire, né se si sbaglia il mix di carburanti. Se necessario, deve essere cambiata.
Alla democrazia come strumento si affianca, oggi, il capitalismo finanziario come ideologia. La cosa non è compatibile: al controllo del potere si contrappone una filosofia fondata sulla conquista e sull’ampliamento del potere stesso. E’ come legare due buoi ai lati dello stesso carro e pretendere che vada in una sola direzione. Nessuna democrazia, almeno nessuna di quelle conosciute sino ad oggi, ha il fisico per sorvegliare un potere così diffuso, intangibile e perennemente esercitato. E nessun potere, nessuno mai, accorrerà in aiuto della democrazia, se non in quei casi sporadici in cui si verifica una coincidenza tra la ricerca del proprio utile e la tutela della democrazia (ad esempio, il governo Monti).
Così svilita, la democrazia è una sentinella cieca e il potere – da qualsiasi parte lo si voglia vedere – può penetrare nella fortezza che la società civile si è faticosamente costruita e diffondersi in maniera capillare. Se aveva ragione Andy Warhol quando parlava del “quarto d’ora di celebrità”, oggi si può parlare del “quarto d’ora di potere”. Cittadini, individui e gruppi di individui del tutto privi degli anticorpi necessari si ritrovano iniettata nelle vene una dose di potere spropositata per i loro piccoli organismi.
Alcuni, per fortuna, diventano grotteschi Napoleoni iper-eccitati e schiavi del proprio narcisismo. Figure che ancora, sebbene molto a fatica come dimostra la recente storia italiana, la società è in grado di individuare e debellare.
Altri, però, restano piccoli individui che nella vita di ogni giorno, dagli scranni di un parlamento, una sede internazionale, una banca, uno studio manageriale, un’amministrazione comunale ma anche il bancone di un negozio, intossicano la poca aria pura rimasta con bacilli di potere e sempre più spesso, come è accaduto ieri alla Camera dei Deputati con la votazione sul non-arresto di Cosentino, sempre più spesso tossiscono forte e rumorosamente.
La democrazia come la conosciamo non è in grado di arginare questo tipo di potere. Essa è stata costruita nei secoli per assicurarsi che una dose massiccia di potere non finisse nelle mani sbagliate o, per meglio dire, in un numero troppo esiguo di mani. La sua ricerca di equilibrio è tarata su pesi di una certa consistenza, mentre sono larghe le maglie della sua rete e lasciano passare le piccole formiche del potere, ognuna con la sua mollichina sulle spalle.
Per questo, ogni giorno che passa stiamo peggio. Siamo più malati. E per questo non è facendo e rifacendo i conti che staremo meglio, ma immaginando, forti della nostra fantasia, una democrazia diversa.
Pamarasca
nell’immagine: Ragno, di Louise Bourgeois
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