Gentile signor sindaco,
so che lei è una brava persona. Mia madre, che l’ha conosciuta ai tempi in cui insegnava, me lo ha spesso ripetuto. Per questo sono certo che il suo non sia un caso di protervia, ma che si tratti d’altro. Il potere, immagino lo sappia, ha molti modi per risultare infetto.
Io credo che lei sia come un lanciatore di pesi messo per sbaglio nelle liste dei centometristi e costretto, per amor di squadra, a gareggiare su quella disciplina. Per passione e buonafede lo fa comunque con ardore, ce la mette tutta, tanto da risvegliare alcuni muscoletti che non sapeva nemmeno più di avere. Ma la corsa è breve, finisce, gli atleti e gli spettatori se ne vanno e lei non se ne accorge, continua lungo la medesima corsia, a testa bassa, sentendo metro dopo metro che può, lei può, sì, diventare un centometrista. Hanno spento le luci ma lei è lì: non le interessano i riflettori, ma non può rinunciare all’idea di non fare qualcosa di buono nella gara che è stato chiamato a correre per sbaglio.
In Italia siamo pieni di personaggi che non rinunciano al beneficio della poltrona conquistata, tanto che la politica è diventata infine un semplice modo per far dei soldi con fatica moderata. Ma io credo che lei sia di un’altra pasta e che la sua testardaggine derivi dal voler fare, semplicemente, qualcosa di buono, dal desiderio di materializzare una delle idee che la sua testa ha coltivato sin da subito, sin da quando le proposero l’incarico. Ed io sono sicuro che lei ce la potrebbe fare.
Esiste però, signor sindaco, un fattore comune a tutti, che si chiama tempo e che lei sta ignorando, come quei ragazzini che giocano a calcio finché diventa buio, e la squadra che perde insiste a continuare anche quando il pallone non si vede più: “non è buio, non è buio!”. E alla fine qualcuno di quei mocciosi si fa sempre male, andando magari a sbattere contro un palo della porta.
Lei ignora, signor sindaco, anche le ingenerose prese in giro. Ma questo è normale, lei è stato preside di scuola, è per così dire vaccinato agli sfottò. Quante mai gliene potrebbero dire che non ha già sentito dagli studenti beccati a fumare dentro i gabinetti, sospesi, richiamati? O da qualche professore accidioso, iracondo, prepotente? Le prese in giro non la scalfiscono nemmeno, e sinceramente credo che non se le meriti, signor sindaco. Lei è una brava persona.
D’altronde sono convinto che le pene di questa città non abbiano poi molto a che fare con lei e anzi temo che proprio lei stia diventando suo malgrado un capro espiatorio con i fiocchi. I mali di questa città hanno radici ben più profonde, essa ha sempre preso il bene e il male dall’esterno, adattandosi a quel che le arrivava, ma raramente (forse mai) cambiando se stessa dall’interno: è la regola della bottega in fondo. Non è certo colpa sua se ora dall’esterno soffia il vento gelido della crisi, non solo economica, e questa città, adattiva appunto, se lo becca tutto in faccia perché in anni e anni di monocolore non è riuscita a cucirsi nemmeno un cappello che la proteggesse. Ma questo è un altro discorso.
Quello che invece volevo dirle, signor sindaco, e che credo sia nell’animo di molti comuni cittadini come me, è che non c’è niente di male a non saper amministrare una città. Lei è anzi la dimostrazione pratica di come non sia sufficiente, non me ne vogliano certi amici, essere un onesto e virtuoso cittadino per ricoprire certi ruoli. Ma non è colpa sua. Lei non ha agito con l’arroganza di molti, non ha raccattato favori personali, non ha approfittato particolarmente – almeno credo – della sua posizione. Lei ha semplicemente fatto quello che poteva, ma quello che poteva, nei limiti impostici dal tempo, non è stato sufficiente.
Lo so, lo so: ha tante idee in testa che è convinto di poter ancora realizzare. Lo so, lo so, ci sono cose che ora ha capito e sulle quali può finalmente intervenire. Lo so, la capisco, sono sentimenti forti, ma si risolvono solo in una cieca testardaggine, quella del lanciatore di pesi, appunto, di fronte ai 100 metri. Esca dallo stadio, signor sindaco, ora che il custode non lo ha ancora chiuso, lo faccia con la soddisfazione di aver provato a fare qualche cosa, non con la tristezza di non esservi riuscito.
Cordiali saluti
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