E’ morto sabato, a soli 65 anni, Nazareno Re. La notizia mi sconvolge, così come mi sconvolgeva, lui in vita, il fatto che nessuno qui lo ringraziasse abbastanza per quello che era stato. Era un uomo buono e paterno. Gli occhi erano curiosi e aveva una gran voglia di fare prima che di chiacchierare.
Qui ad Ancona tanti gli devono molto, e parlo della mia generazione. I ricordi mi si affastellano nella mente. Ci siamo noi, poco più che ventenni, nel suo ufficio all’arci di corso mazzini, scartoffie ovunque, caldo, Francesca – l’amata Francesca con me così materna, e cara -, penne che non scrivono e progetti. Ci accoglie in un abbraccio e ci spinge avanti: siamo giovani, pieni di speranze e di idee bislacche, senza la famosa “esperienza precedente”, con un’associazione – Fahrenheit 451 – di dilettanti. Non era tempo di grandi chiacchiere, riunioni esasperate, giochetti: ci affida lo spazio della mole, appena ottenuto dall’arci di cui è presidente. Nessuno di noi ha fatto mai il barista, nessuno ha curato mostre importanti, nessuno ha steso programmi di cineforum così lunghi.
Ma a lui bastiamo noi. Non vuole dipendenti, ma persone. Giovani. Entusiaste.
Che ci ingegniamo attorno a lui, corriamo, inventiamo, inciampiamo e ci raccoglie, ci rassicura e sgrida, talvolta urlando proprio forte, ci lascia l’ufficio, il tavolo, finge di incuriosirsi per la macchinetta del caffè che sceglieremo. Nazareno. Qualche mese fa lo incontrai alla Casa delle culture, vivace come sempre, impegnato a gestire sms come un ragazzino, lo guardai con una grande tenerezza perché avrei voluto dirgli: Non ti ho mai ringraziato abbastanza, Nazareno, per l’esempio, per la fiducia, per quel modo di fare che oggi non esiste più. E “ecco, tieni, questo è il mio libro, una piccola cosa ma è stata la tua fiducia, anche, a convincermi a mettere mano a un sogno, com’era quella volta la gestione della mole, un bar, la mostra di Pazienza e poi per me il thermos, dove venivi a bere quando non c’era nessuno, rinfrancandomi con la tua presenza”.
Entrambi giocherelloni se capita l’occasione, ma riservati nei sentimenti, invece, non sono riuscito a dirgli queste cose. Poi, come accade tutti i giorni, si muore. Così ecco. Qua. Che palle.
E’ pieno di gente che si riempie la bocca di frasi fatte. Spazio ai giovani, spazio ai giovani, basta con la politica!. Beh, Nazareno era un politico, accidenti se lo era, e lui lo dava lo spazio ai giovani, forte dell’intuito, del coraggio, della fantasia. Non sono i giovani che mancano, ma la gente come lui.
Questa città, che non era la sua, gli deve molto. Io gli devo molto, che sono arrivato da Milano senza rete sotto il culo, e lui non me l’ha messa, mi ha solo detto: aggrappati come si deve a quel trapezio!
Francesca – siamo qui
Pamarasca
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