Le Marche sono un laboratorio (andato abbastanza male) della destra da quasi quattro anni. Il capoluogo delle Marche, Ancona, lo è da un anno. E la destra indica i suoi principi, ce lo mostrano alcuni episodi recenti e anche da ombrellone se vogliamo: il vicesindaco cui piacerebbe aiutare anziani e disabili ma purtroppo arrivano le navi di migranti (per approfondire, qui); la prima excusatio non petita del capogruppo, naturalmente vaga e colma di inesattezze (ma non è questo il punto). Ma, ancora di più, quel che è accaduto a margine di un dibattito in consiglio comunale.
Durante quella seduta, una consigliera della maggioranza dice a un collega dell’opposizione: “bevi di meno!“. Il consigliere dell’opposizione non ci sta e rilascia un’intervista alla stampa locale in cui racconta cosa significhi fare politica attiva ad appena ventuno anni. A questo punto, interviene sul proprio profilo fb personale addirittura il Sindaco, che ricorda quando era giovane a sua volta (nel 1997) ed “erano i capogruppo ad ammonire i giovani più arrembanti” in nome di “un codice non scritto oltre il quale nessun consigliere d’opposizione si sentiva di andare.” Il tema è abbastanza da ombrellone, ma se ne possono tratte considerazioni interessanti.
Perché non chiedersi, ad esempio, se proprio il metodo rimpianto dal Sindaco non sia una delle ragioni della carenza di giovani nella politica istituzionale? Se oggi dobbiamo cercare i giovani con il lanternino nelle sedi istituzionali, forse è anche a causa della logica da clan che ha governato per decenni il mondo dei partiti politici frustrando l’esuberanza e l’entusiasmo e sottovalutando per partito preso le capacità di una persona giovane. E forse dimentichiamo che negli anni Novanta, non esistendo l’internet che esiste oggi, la rappresentanza seguiva percorsi necessariamente differenti, ma oggi insistere sulla rigidità delle gerarchie non è altro che un modo per mantenere il controllo nelle mani di pochi?
Ma poi, mi sento dire alle giovani e ai giovani che hanno voglia di impegnarsi: “guardate, che prima non era affatto meglio!” La faccenda dei “valori” e del “rispetto” si fermava sulla soglia delle sedi istituzionali ed era più un modo di conservazione del potere nelle mani di chi parlava lo stesso linguaggio. Un teatro che si metteva in scena per rimanere, appunto, sempre in scena. Fuori da quelle sedi, altro che valori. Ad Ancona, ad esempio, se nel 1974 si sparava addirittura alle gambe delle persone in mezzo a una piazza per motivi politici, negli anni Novanta tanto rimpianti una persona omosessuale doveva scegliere con attenzione i locali da frequentare, perché quasi ovunque veniva sbeffeggiata, insultata, persino aggredita. C’è ancora strada da fare, ma possiamo dire che oggi è diverso: oggi si parte da un’idea di “rispetto” nuova, ampia, e più democratica, meno di casta e meno gerarchica. Ed è inevitabile che questo nuovo “valore” (la differenza, ad esempio anche di età) sia scomodo a chi sopravvaluta i “vecchi valori.” Oggi, agli occhi di una città, un ventenne che prende 100 voti conta quanto un sessantenne che prende 100 voti. L’importante è quanto si dia da fare per la comunità. Sarà la sua intelligenza a fargli scegliere i “padri” giusti, da cui imparare ma anche cui insegnare. E questo fatto andrebbe assecondato, perché qui si gioca la prosecuzione della democrazia rappresentativa nell’epoca del web, democrazia che sta perdendo colpi un poco dappertutto.