Siamo tutti le persone che abbiamo conosciuto. Gli amici, i parenti, le spose, i fidanzati. Uno sguardo, la piega di una bocca, la curiosa flessione d’una ruga. Un naso che s’arriccia, il modo di tenere unite le mani sul retro della schiena, sopra l’osso sacro, martoriare le dita di nascosto.
Le parole.
Siamo tutti le persone con cui siamo stati. Con cui abbiamo vissuto, mangiato, scherzato, giocato e litigato. Ci sono le parole di ognuno in questo enorme lago che noi siamo. Rivoli, fiumi, ruscelli, cascate: ogni parola, ogni espressione, ogni singolare modo di dire vi si riversa a modo suo. Chi riceve come una cascata di sillabe una remota fidanzata, chi come un docile corso d’acqua tra le pietre una sorella preoccupata. Un amico è un fiume che ci riempie d’improvviso con la frase più scherzosa. Un genitore la costanza metodica delle onde d’acqua dolce.
L’uomo è un contenitore vuoto fabbricato per i gesti e le parole, via via si riempie nel corso di una vita altrimenti vacua. E’ uno specchio che deve riflettere. Dite: quante parole sono davvero vostre, quante espressioni? Il modo di dire che più amate, da dove viene?
Come acqua in un continente arido il linguaggio scende, bagna, irriga, è più o meno presente. Senza di esso niente.
Siamo tutti le persone del nostro passato e per questo abbiamo un futuro, mentre incerto è il presente, così umido, bagnato, mollo, stinto. Per vederlo, bisogna tenerlo ad asciugare.
E forse sono le parole, le espressioni e i gesti i veri esseri viventi del pianeta, e ci usano alla maniera in cui noi crediamo di utilizzare un vaso, od un bicchiere. Che bello sarebbe essere strumenti per questi esseri sapienti.