Questa cosa delle presentazioni del romanzo. Uno ci prende gusto. Perché poi scopre luoghi, getta sguardi, conosce persone che sarebbe stato proprio un peccato non incontrare.
NEI LUOGHI
(che poi proprio il giorno prima mi si è spaccata la macchina fotografica e quindi niente reportage)
A San Lorenzo era tanto che non andavo, ma proprio tanto. L’ultima volta fu per una manifestazione contro la guerra, con riunioni in via dei Volsci e corteo disturbato dai soliti carabinieri – noi anarchici in fondo, come sempre, a prenderle di santa ragione.
Ritrovo un quartiere cui Termini, lunga e liscia, fa da spartiacque. Un luogo di orgoglio e rude gentilezza, misto. Dove puoi rivolgerti al barista: “posso chiedere un’informazione?” e lui torvo: “Dipende”, come in un film con Franco Nero.
Dentro San Lorenzo c’è questa libreria che vorresti nella tua città. Persino il pavimento è rilassante, qualcuno lavora ad un pc, i volumi stanno comodi sugli scaffali. Si rilassano: quasi disinteressati, non si mettono in mostra: la funzione negozio lascia il passo alla funzione spazio. Dopo qualche minuto, la sensazione è di trovarsi a casa di un amico: guardi i titoli sulle coste, sbirci tra le mensole. In fondo c’è un bancone vagamente vintage, da drogheria.
Il mio vecchio mestiere di barista mi induce a guardare con tenerezza e simpatia i proprietari, appassionati di scrittura, mentre versano vino e martini nei bicchieri con eccessiva delicatezza, l’occhio attento al livello, la mano concentrata sullo stelo. Sorrido quando noto l’incertezza nel depositare la bottiglia tra le altre, sulla mensola affollata. E i calici tenuti così, come si tiene la testa di un bambino.
Loro sono di libri, e di disegno. Lo si capisce da come parlano, da come guardano le cose e le persone. Da come disegnano con gli occhi. Non sono di frigo e di bancone, di fette d’arancia, o gin. Ma lo fanno come padroni di casa, e l’assenza di mestiere è, al tempo stesso, la conferma della loro grazia. Non è un caso se i bicchieri sono troppo pieni: è maggiore il timore di essere inospitali, che quello di perdere guadagno.
NELLE PERSONE
Chiara che mi presenta ha portato un suo brano bellissimo, che ben si addice al mio romanzo: lo vorrebbe leggere all’inizio, ma poi la cosa le sfugge di mano, continua a parlare del mio libro e non lo legge più. Eccolo qui, allora. Leggetelo voi. Chiara ha setacciato con attenzione le pagine che ho scritto e naturalmente dice cose cui non avevo mai pensato: quando qualcuno parla di quel che fai tu, allora ti accorgi di quanto sia importante la relatività. Chiara, preziosa e competente, è stata chiamata da Giusi, la vera artefice della presentazione.
A lei, che fino ad oggi non avevo mai incontrato se non in rete, ho scaricato l’incombenza e per un attimo, prima di iniziare, mi accorgo che non le ho mai nemmeno chiesto se il mio libro le sia poi piaciuto.
Dal canto suo, Giusi ha raccolto un plotone creativo e battagliero: il genere di persone che sulla spiaggia resta con la maglia addosso, che si stupisce dell’aggressività delle persone, che disegna (e si vedrà) sui tovaglioli, sui fazzoletti, sul dorso delle mani. Le persone che piacciono a me.
C’è anche qualcun altro, che merita menzione. Una affettuosa delegazione della mia famiglia; Monica; e Raffaella, che è la prima persona che incontro nella libreria:
– Scusa…
– Si, mi sposto subito
– Ma… ti conosco
– Ma… sei…
– Venivi al Thermos ad Ancona
– Ma sì! Che ci fai qui?
– Presento il mio romanzo
– Il tuo romanzo???
– Sì, e tu?
– Vivo a Roma
– Vivi a Roma???
– Sì. Ho una bambina…
E via dicendo. Che bella coincidenza, e buffa. Come, in fondo, quella che vede Marco, rappresentanza anconetana in libreria, e Giusi nella stessa casa solo due giorni prima. Vabè: l’ottimista direbbe che conosce tante persone in gamba. Il pessimista che le persone in gamba sono così poche che le conosce tutte. Andiamo avanti.
I ragazzi mi fanno domande cui cerco di rispondere: è stimolante, pensavo tutto si risolvesse con il canonico silenzio finale e invece chiedono, e via via che chiedono mi accorgo, ancora una volta, del mio egocentrismo e del mio desiderio d’essere scoperto.
Sono un bimbo che gioca a nascondino, e non vede l’ora che gli si faccia tana.
FUORI
Roma è piena di sole. Dalle finestre i mondiali di calcio, ai bar chinotto o vino bianco. Dopo la presentazione andiamo a cena da Marcello: qui scatto le poche fotografie di questa giornata, grazie alla macchina di Giusi. Checché se ne dica, la nostra tavolata è una specie di All Stars della timidezza. Se ci fosse un premio per questo, lo vinceremmo. Ma, naturalmente, non andremmo a ritirarlo 🙂
Ecco che, infatti, le tovaglie si riempiono magicamente di scritte e di disegni, i bicchieri di vino e amari, il marciapiede di cicche di sigarette (non le mie: lo sanno tutti: ho smesso). E però anche la serata di sorrisi abbozzati, sguardi da fumetto, parole che pian piano ci definiscono l’un l’altro. Profili che si osservano. Confidenze tra le righe. Avrei voluto chiedere di più a chi era con me della sua vita, ma va bene così, capiterà; ho passato una bellissima serata: grazie ai Caltariani & Compagnia, quindi. Grazie di cuore.
Si, uno ci prende gusto. Ad essere se stesso, ogni giorno un po’ di più.
(e per finire in bellezza, il giorno dopo passo la serata qui)