Non conosco Paola Caruso. E’ una pubblicista del Corriere della Sera che, dopo 7 anni di precariato, ritiene di aver subito l’ennesima ingiustizia. Per questo, sabato 13 novembre ha scelto di attuare uno sciopero della fame. Qui si può seguire la cronaca del suo sciopero. Paola è ironica e diretta. Sincera e tutt’altro che precaria nelle proprie convinzioni.
Qui, invece, un articolo che sintetizza e commenta perfettamente la vicenda, mentre su mediamondo un post importante, che spinge alla solidarietà ma soprattutto all’obiettività, mettendo in guardia di fronte a facili retoriche.
Io Paola non la conosco. Certo sono stato precario, accettando compromessi che a ripensarci mi fanno accapponare la pelle. Ma questo, oggi, potrebbero dirlo in molti.
Non conosco Paola ma lei mi regala una speranza. Perché il suo non è un caso disperato. Il suo è un gesto politico, di una politica quasi d’altri tempi, che di fronte a una diffusa ingiustizia sociale rende partecipe il proprio corpo alla rivolta. E’, anche, un gesto politicamente consapevole dei mezzi di chi lo compie: una giornalista, una blogger, una che può raggiungere molte persone, riecheggiare in rete e poi fuori della rete. Paola sa di poter essere visibile compiendo un gesto che, in passato, aveva bisogno di un estabilishment partitico per ottenere visibilità.
Di fronte a quel che Paola dice di avere subito la gente solitamente fa spallucce. Così va il mondo. L’ho fatto anche io, subendo ingiustizie di fronte alle quali me ne sono andato senza insistere nella battaglia. Ho sbagliato. Perché lì dove lavoravo, di sicuro, si è continuato a vessare persone nella stessa identica maniera.
Paola non accetta le spallucce. Ma nemmeno intende lottare contro i mulini a vento. E’ precisa, circostanziata. Usa uno strumento di lotta estremamente potente, che spesso in era di web 2.0. noi dimentichiamo: il corpo. Senza corpo non ci si mette mai totalmente in gioco.
La sua rivoluzione è anzitutto questo. Introdurre in una lotta gestita on line l’elemento per eccellenza estraneo alla virtualità. Il corpo.
Se ne sta parlando sempre di più. Paola parla di avvenimenti che non conosciamo, sui quali bisogna indagare: non dobbiamo accettare superficialmente la sua versione. Questo no. Ma dobbiamo considerare la sua forza politica, l’urto del suo gesto, la rottura che esso impone. Il passo avanti nello scontro sociale, il passo indietro quindi di una società che ha dimenticato i concetti di rispetto e dignità.
Paola è una per tutti.
Pamarasca
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