Giusto perché non mi faccio i fatti miei, dico la mia sulla questione della censura alla mostra di Federico Solmi, di cui si legge qui.

A me Federico Solmi non piace. E nemmeno A.B.O. Sono un vecchio studente del rimpianto Alessandro Conti e di Franco Barbieri, mi sono fatto le ossa su Belting e Wind, Gombrich e Brandi. Antico, insomma.

Non conosco i limiti temporali della querelle, quindi non so dire se i ragazzi del MAC, che letteralmente adoro per quello che fanno nella città in cui vivo, abbiano forzato un po’ la mano per sfruttare il volano pubblicitario della polemica. Non credo, ma non posso dirlo.
Sono inoltre convinto che organizzare una mostra di Solmi nella stessa Mole che ospita la grande mostra sull’eucarestia non sia una buona scelta: sarebbe utile organizzare in un anno mostre compatibili, magari da visitare con un solo biglietto, e funzionali a far conoscere i quasi nuovi spazi espositivi della mole al pubblico dell’arte. Almeno per ora.

Detto questo, impedire a Solmi di esporre le proprie opere – persino dopo le assicurazioni dell’artista sulla non-presenza di alcuni lavori incriminati – costituisce un pericoloso precedente di censura preventiva. Se è vero, infatti, che l’assessorato preposto alla decisione, poverello, si è trovato una bella patata bollente in mano, è altrettanto chiaro che una simile decisione sancisce la legittimità dell’atto censorio.

Una decisione del genere è quindi provinciale e bigotta. Essa costringe l’arte contemporanea entro gli stretti confini del significante e mette così sullo stesso piano una offensiva bestemmia strillata in strada e un’opera d’arte. Di fatto, essa svilisce l’intera sfera dell’arte contemporanea e della critica e, quel che è peggio, crea un precedente pericoloso, pur senza volerlo: quello di un potere politico che si erge di diritto a giudice della qualità e della convenienza dell’arte sulla base di principi che con l’arte niente hanno a che fare.

Io capisco il sogno di mediazione di chi ha meditato su questa decisione. Ma l’arte e la cultura quasi sempre, per fortuna, sono strappi, non cerotti.

Pamarasca

p.s.: Certo che tutti quanti ci potevano pensare prima, bastava una telefonata, vi conoscete tutti  🙂