A 79 anni Lucio Magri, fondatore del Manifesto, è andato in Svizzera a suicidarsi, come prevedono le leggi di quel paese, assistito da un amico medico mentre altri amici e compagni attendevano nella sua abitazione romana la notizia della sua morte.
Era un uomo bellissimo, un grande intellettuale e , con Pintor, un esempio di quelle menti che rinunciano ad accartocciarsi in se stesse per scegliere di trasformare il mondo.
Con il suo studiato e pacato allontanamento dalla vita ha dato un’ultima lezione a un mondo che invece va sempre peggio, in cui la morte si esorcizza con orge e potere, puttane e barzellette, soldi bruciati e btp, in cui i politici bestemmiano e sputano, i faccendieri sono testimonial pubblicitari, un continente muore perché non può permettersi le medicine.
Non era suo il gesto eclatante del colpo in testa, non era suo il nevrotico consumarsi nel piacere fino allo sfinimento, e nemmeno quel restare attaccati al nulla che ci spinge a vedere un senso in cose che un senso non lo hanno.
Era invece sua la civiltà di andarsene. Parlarne alle persone care. Organizzare il suo dopo, distribuendo compiti amorevoli agli amici e compagni di sempre.
La vita gli era semplicemente insopportabile.
Anche questa lezione di civiltà cadrà nel vuoto, ma chi può la tenga cara, perché uomini così non ce ne sono più.
Pamarasca