Siamo stati alla Sala del Commiato del cimitero di Ancona. E’ una grande sala chiara, piena di finestre. Vi entra tanta luce dall’esterno. C’è l’eco quando si parla, non ci sono croci né altri simboli religiosi.

E’ un luogo importante. Dovrebbe esistere in ogni città. E’ messo a disposizione di quanti non vogliono essere salutati da chi rimane attraverso il rito cristiano, siano essi cristiani o no. Atei, musulmani…

E’ un luogo speciale. Chi era con noi alla presentazione di Vixi, il numero di Argo dedicato appunto alla morte, ha detto persino: “mi ha ridato speranza”. Che significa? Di che speranza si parla, dato che è una sala dedicata all’ultimo saluto?

Ci ho pensato, ed è vero. La sensazione è quella di una rinnovata speranza. Perché di norma, tranne che in rarissime occasioni, appena morti veniamo portati in casa d’altri, in chiesa, e le persone a noi care, i parenti, gli amici, ci onorano della loro presenza ma devono attenersi alle direttive del padrone di casa, il nuovo proprietario del nostro corpo. Veniamo salutati secondo un rito estraneo a quelli che eravamo abituati a consumare. Poi, magari, ricordati in un bar, o a casa di un amico, clandestinamente, nei giorni successivi. Immediatamente, non ci apparteniamo più e, quel che è peggio, veniamo scippati alle persone care. Era anche il senso, credo, del bell’intervento che sabato ha fatto il rappresentante dell’Uarr di Ancona.

Questa, allora, è una sala di speranza perché ci restituisce, morti, alle persone cui siamo più vicini. A chi amiamo, a chi ci ama, e anche a chi ci pare. Ci permette di consigliarle sul modo di piangerci, e non al ristorante o in un luogo altro, ma proprio dove ufficialmente ci si accomiaterà da noi. Possiamo dare indicazioni su cosa leggere, cosa suonare, cosa dire, chi deve sbrigare le faccende. Possiamo anche non dare indicazioni e più semplicemente affidare la cosa a un amico fidato, a una compagna, a un cugino… sapere che ci penserà.

Sapere che non verremo immediatamente portati via da un’istituzione, qualunque essa sia.

Ricordiamo allora, mi rivolgo a chi vive nella mia stessa città, che questa sala c’è,  possiamo anche apparecchiarla in anticipo, o semplicemente dirlo ad un amico. Così, ci sentiremo immediatamente più tranquilli.

Pamarasca